Il tema di queste folle anonime e incapaci di reagire coscientemente all’uragano che incombe è troppo ricorrente per non indurci a cogliervi una rappresentazione simbolica del nostro tempo; del resto anche negli scritti di Scianna l’incubo apocalittico è chiaramente evocato, disperatamente paventato.
Credo sia chiaro da questo breve discorso che non ci lasciamo affatto ingannare dalle apparenze; non vi è nulla di scenografico in questi dipinti; vi è al contrario una tragica visione, che ci sembra discendere direttamente da quel filone “gotico” dell’espressionismo inglese di questo dopoguerra (anche Sutherland non sfugge certo all’attenzione di Scianna), che rappresenta un punto di riferimento abbastanza inconsueto della odierna pittura italiana.
Anche da un altro punto di vista queste inquadrature prospettiche risultano insolite; non si tratta di una prospettiva intesa a dare ordine e sostanza alla realtà, anche se, da buon Architetto, Scianna ne rispetta le regole tradizionali. Ma in verità della prospettiva alla fin fine, non rimangono che le linee direzionali, sicché gli edifici (cattedrali, stazioni, gallerie, porticati) risultano svuotati di ogni consistenza volumetrica, quasi corpi trasparenti e smaterializzati. Ed è proprio in questo effetto di trama inconsistente di ogni struttura il connotato essenziale di questa pittura, nella quale anche il colore perde ogni sostanza, o meglio si fa livido e gelido come una tintura all’ anima.
LICISCO MAGAGNATO “gennaio 1983 – Verona”